sabato 4 gennaio 2014

Prof. A. von Bogdandy, 13 dicembre 2013, AUFBRUCH IN DIE EURO-UNION


CONFERENZA del
Prof. A. von Bogdandy del 13 dicembre 2013
AUFBRUCH IN DIE EURO-UNION
( Mettersi in cammino verso l’ unione della zona-euro )

Non ci si può ritenere soddisfatti della gestione della crisi dell’ euro da parte della Germania.

Al punto in cui siamo, riflettendo sulla crisi, tre dati emergono chiaramente: la gestione politico-economica della crisi è stata deficitaria, la crisi non è affatto passata, è necessaria una riforma di tipo costituzionale.

Quali e quanti sono gli scenari di questa crisi ?
A ) La crisi bancaria e del credito all’ economia continua,
B ) La crisi dei debiti pubblici prosegue, ed in alcuni casi si è acuita a causa di (A ),
C ) La crisi di competitività di alcune economie prosegue, ad esempio in Italia
[ dove, rispetto a prima del suo acuirsi la produzione automobilistica e degli elettrodomestici si è grosso modo dimezzata ],
D ) A livello sociale: nei Paesi del Sud Europa la disoccupazione è fortemente cresciuta. Un’ intera generazione ( i giovani ) è defraudata di chance di lavoro e di vita .
E ) Il quadro politico in alcuni paesi è labile o bloccato. Crescono i populismi. Si rafforzano forze politiche irrazionali, che rifiutano qualsiasi compromesso (vedi in Italia il Movimento5Stelle ).





Siamo di fronte ad un’ alternativa secca: o si va avanti o si ritorna indietro. L’ idea di star fermi ad aspettare gli eventi è solo una pericolosa illusione.

Il tornare indietro è ancora più costoso e gravido di pericoli che osare andare avanti. Che sia così lo si capisce in fretta:
a ) Il tornare sui propri passi sarebbe molto costoso, complicato e laborioso.
La riconversione nazionale dei mercati sarebbe un’ impresa costosa e rischiosa. I mercati interni non compenserebbero il regredire delle connessioni intercomunitarie. I debiti contratti in Euro diverrebbero pesantissimi una volta ricalcolati in monete più deboli.
b ) Ai costi economici e alle difficoltà tecniche si aggiungerebbe un costo politico altrettanto alto. Inizierebbe un processo di divaricazione tra le nazioni e gli stati, con grave pericolo per l’ intera UE. Reciproche radicalizzazioni troverebbero un fertile brodo di cultura.

Una visione razionale, al contrario, consiglia di battere la strada dell’ avanzamento nel processo di integrazione.

Come articolare questo progetto? Su quali fronti agire?

1 ) I creditori debbono almeno in parte farsi carico, dove necessario, dell’ alleggerimento dei debiti. Realizzare l’ unione bancaria.
Con l’ introduzione dell’ euro la auto-responsabilizzazione in alcuni paesi non ha funzionato. Ad esempio in Grecia si sono rapidamente accumulati debiti insostenibili. In Irlanda e Spagna c’ è stata un’ enorme bolla immobiliare, facilitata da interessi bassi e da un forte afflusso e drenaggio di capitali. Molte banche europee sono zavorrate da crediti dubbi, parzialmente o totalmente inesigibili. Perciò prestano poco e a condizioni pesanti. Non c’ è alternativa ad un’ efficace unione bancaria, dotata di un’ autorità di controllo efficace, dotata di fondi messi dalle banche stesse in un paniere comune. Dotata di un’ autorità in grado di decidere quali banche ristrutturare e quali chiudere, di decidere come distribuire il fardello dei crediti inesigibili. Serve un istituto che possa mettere in pratica le proprie decisioni nel giro di poche ore, prendendo alla sprovvista gli investitori e i mercati.
Nel medio periodo è poi necessario arrivare ad un governo-economico-europeo.

2 ) Più solidarietà. Migliori meccanismi di intervento.
Dove è raggiunta la soglia a partire dalla quale non è più giusto pretendere che un paese risolva i propri problemi con le proprie forze ed invece deve scattare il principio della solidarietà? Quella soglia è superata laddove elementari chance di vita sono minacciate. Se ad esempio non sono più garantite certe terapie mediche, oppure se la disoccupazione pauperizza intere classi sociali o intere zone o se l’ accesso al mercato del lavoro è di fatto negato ai giovani. I tedeschi non devono dimenticare di essere, oltre che cittadini del loro stato, anche cittadini europei. Dovrebbero anche aver presente quel che accadde negli periodo 1930-1933, allorché il cancelliere von Brüning praticò una politica economica di forte austerità che provocò una disoccupazione di massa, che a sua volta favorì l’ ascesa di Hitler al potere.
Ad una forte destabilizzazione economica segue spesso la destabilizzazione politica. Non è più un esercizio astratto pensare in questi termini, per vaste zone dell’ Europa.
Non c’ è altra via che mettersi sulla strada di trasferimenti di risorse, ad esempio sotto forma di sussidi di disoccupazione, stabiliti secondo criteri comuni e da integrare a quelli già esistenti, ma certamente in grado di funzionare come buoni ammortizzatori sociali. Tra l´altro, togliendo lo spettro della disperazione, è possibile avviare i necessari processi di razionalizzazione dei mercati del lavoro e delle economie in crisi.
Come ben si vede, per i paesi che metteranno a disposizione risorse, si intrecciano sia motivi altruistici che il proprio interesse.

3 ) Più democrazia e più stato di diritto.
Troppe decisioni sono state prese e troppi meccanismi di intervento nella crisi dell’ euro sono stati presi senza una vera legittimazione democratica. Il potere discrezionale del consiglio europeo (la riunione dei capi di governo) è esagerato. Le sue decisioni sono spesso affrettate, mal meditate. Le competenze andrebbero invece in gran parte trasferite, ad esempio, ad un organismo comunitario per la gestione dell’ economia, eletto e legittimato dal parlamento europeo, integrando anche i parlamenti nazionali così da dargli maggiore efficacia ed operatività.
Allargando l’ orizzonte all’ intera UE, si sa che in alcuni paesi gli standard democratici lasciano a desiderare. Ma anche in Italia la crisi cronica della giustizia non è solo un problema giuridico e di equità, ma ha anche un pesante costo economico (meno investimenti interni ed esteri, dilagare della corruzione e del parassitismo economico). Vanno a tutti i costi introdotti e garantiti degli standard europei. Ciò significa poter ingerire nelle legislazioni e nelle strutture nazionali.
In ogni caso, qualsiasi istituto o qualsiasi legislazione saranno introdotti, devono essere legittimati democraticamente nel contesto europeo.

4 ) Assicurare alcuni beni comuni europei.
Storicamente la costruzione europea ha garantito beni comuni di primaria importanza come la pace, il mercato interno, standard per la difesa dell’ ambiente. A questi si è aggiunta, per alcuni paesi, la moneta unica. Anche questa è un bene comune, che va difeso e reso stabile.

Ma come realizzare questo programma di avanzamento verso una maggiore integrazione?

Finora si è proceduto su una strada pericolosa: senza una costituzione europea, con interventi ad hoc tipici di legislazioni di emergenza. Basti pensare all’ invenzione della cosiddetta troika (di cui fanno parte rappresentanti della BCE, della Commissione Europea e del Fondo Monetario Internazionale): una commissione costruita in fretta e furia, senza chiedersi, sulla base del diritto dell’ UE, quale legittimazione abbia e a quale istituto debba in definitiva rispondere. Un altro esempio: il Meccanismo Europeo di Stabilizzazione (ESM) non appoggia la sua legittimità su nessun trattato europeo finora stipulato. Lo si voleva fare, ma la Gran Bretagna si è opposta, per un puro calcolo di bottega elettorale.
Così non va. La gestione ed il superamento della crisi economica europea deve appoggiarsi sui vecchi trattati, anzi avrebbe bisogno di un nuovo patto. Le istituzioni deputate a farlo debbono esservi concepite e costituite. Le misure da loro prese debbono rispettarne il dettato e la natura. Il loro modo di procedere anche.
Di certo si deve passare, nelle istituzioni decisionali europee, dal principio dell’ unanimità a quello della maggioranza qualificata. Altrimenti si va incontro alla paralisi o ci si vota all’inefficacia. Un tale passaggio va di certo legittimato democraticamente.

Va conclusa la fase delle misure e degli istituti di emergenza, passando a stringere un nuovo patto europeo che faccia tesoro degli errori compiuti e dell’ esperienza accumulata.


A cura di Volta La Carta!!

Heidelberg, 18 / 12 / 2013

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