sabato 1 marzo 2014

Nota aggiuntiva al documento “BILANCIO E PROSPETTIVE DELL’ EURO”

Nel documento “BILANCIO E PROSPETTIVE DELL´EURO" ho tentato di evidenziare i deficit strutturali dell’ Euro, ma ancora più di chiarire che la gestione europea della crisi è non-cooperativa, anzi egemonica.
            Non ho invece detto che questa gestione ripete in buona sostanza (mutatis mutandis) alcuni errori commessi all’ inizio degli anni trenta (durante la Grande Depressione).

Rispetto ad allora sono stati evitati i due errori più marchiani – prendendo invece queste misure:
a ) si è badato a salvare in generale le banche, anche impedendo la corsa agli sportelli per svuotare i conti, grazie alla garanzia statale fino a 100.000 €;
b ) si sono abbassati i tassi di sconto, invece di alzarli.

Permangono invece due gravi problemi che anche allora ingigantirono la recessione fino a farla diventare una depressione profonda:
I ) siamo ancor più di allora in una situazione di cambi fissi ( per via del progetto euro ); allora la parità con l’ oro ebbe effetti nefasti prima della e durante la crisi, una parità che presto fu lasciata cadere;
II ) si è seguita la stessa politica di riduzione o di tentativi di riduzione dei Debiti Pubblici.

Il passaggio a cambi variabili, nel corso degli anni ’30, giovò all’ economia mondiale. Noi ora, direi, insistiamo giustamente sul progetto dell’ Euro. Visto che però ci manca questa leva, a maggior ragione dovremmo praticare delle politiche di bilancio espansive. Non lo sostengo per un motivo ideologico o per amore di Keynes, ma proprio perché siamo privi dell’ altra leva! Stiamo invece facendo il contrario, costretti dalle paranoie o dalla volontà di potenza della Germania. Una cosa è certa: anche se allentiamo la politica di austerità, ma non pratichiamo una politica espansiva, l’ Euro fallirà.

Ma la conseguenza non sarà solo la fine dell’ Euro. Paesi come la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l’ Irlanda, l’ Italia, Cipro e la Slovenia, nel tornare alle loro monete nazionali, dovranno certamente ristrutturare il debito. Ergo: forte choc economico mondiale. Il prezzo da pagare sarà dunque altissimo, per tutti, non solo per gli europei.

Stiamo attenti a non farci abbagliare troppo dal discorso sulle colpe italiane, che sono di lunga data e pure evidenti a tutti. I tagli alla spesa pubblica vanno fatti, sono un atto dovuto, un atto di equità. Le spese per i servizi vanno razionalizzate e ridotte. La produzione manifatturiera va liberata dai ceppi che le sono stati messi da almeno 25 anni. Tutto questo è sacrosanto, ma non giustifica per nulla l’ atteggiamento tedesco, che porta dritto ad un impoverimento generalizzato dell’ Europa e al fallimento politico del progetto europeo stesso. È gravissimo che la Germania – che dopo la seconda Guerra mondiale è stata protetta politicamente e militarmente, è stata aiutata con il piano Marshall, ha visto dimezzati i debiti di guerra nel 1953 (con gli accordi di Londra), si è trovata inserita in uno spazio economico assai favorevole per la sua rinascita economica, non ha trovato ostacoli alla sua riunificazione – alla prima prova politica ed economica di grande importanza, ripaghi i suoi partner europei nel modo che conosciamo. Va trovato il tono giusto per discutere con i tedeschi di queste cose, ma dobbiamo essere consapevoli fino in fondo che quanto accaduto negli ultimi 4/5 anni, principalmente per volere della classe dirigente tedesca, è di enorme gravità.


Heidelberg, 15 / 03 / 2014

Beppe Vandai


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